(1952.02) I costi della conservazione

Una delle delizie italiane è, notoriamente, l'alto costo della distribuzione o, in altre parole, la fortissima maggiorazione di prezzo che subiscono i prodotti nel loro tragitto dal luogo di produzione al consumatore ultimo, cioè a noi (quando riusciamo a comprarli): costo dei trasporti, utili dei grossisti ecc. ecc. È questo uno degli effetti della nostra arretratezza economica, aggravato dal fatto che negli ultimi anni il numero degli esercizi commerciali (soprattutto di piccola grandezza), degli ambulanti e in genere degli intermediari si è moltiplicato all'infinito in conseguenza degli sforzi di una quantità di gente che, licenziata dalle industrie o messa nell'impossibilità di entrarvi, deve pur cercare in qualche modo di campare vendendo e rivendendo. E, sulla Stampa del 16-10 scrive, a commento, il Di Fenizio:
"Non speriamo miracoli. L'alto onere in Italia dell'intermediazione, altro non è, in definitiva, che il costo sociale di una popolazione esuberante e non specializzata; in più parte di una collettività a scarsa formazione di capitale. Onde le occupazioni dette 'terziarie' son quasi d'obbligo ad evitare sovvertimenti".
Non faremo anche noi lo scandalo sul costo di distribuzione, scandalo che gli industriali amano gonfiare per purgarsi dei peccati propri. Constatiamo che, fra i tanti costi che il consumatore  e in particolare il consumatore proletario  paga per mantenere in piedi la baracca di una società incapace  pur col gigantesco sviluppo delle forze produttive  di nutrire i suoi amati "figli", c'è anche questo: su ogni "bene di consumo" comprato, Pantalone paga un premio di assicurazione a favore dell'ordine della proprietà e del capitale.
Ragione per cui non solo non "speriamo in miracoli": ma siamo certi che i costi di distribuzione non diminuiranno. La società borghese ci fa pagare questo ed altro, pur di mantenersi!

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