Una delle delizie italiane è,
notoriamente, l'alto costo della distribuzione o, in altre parole, la fortissima
maggiorazione di prezzo che subiscono i prodotti nel loro tragitto dal luogo di
produzione al consumatore ultimo, cioè a noi (quando riusciamo a comprarli):
costo dei trasporti, utili dei grossisti ecc. ecc. È questo uno degli effetti
della nostra arretratezza economica, aggravato dal fatto che negli ultimi anni il
numero degli esercizi commerciali (soprattutto di piccola grandezza), degli
ambulanti e in genere degli intermediari si è moltiplicato all'infinito in
conseguenza degli sforzi di una quantità di gente che, licenziata dalle
industrie o messa nell'impossibilità di entrarvi, deve pur cercare in qualche
modo di campare vendendo e rivendendo. E, sulla Stampa del 16-10 scrive, a commento, il Di Fenizio:
"Non speriamo miracoli. L'alto onere in Italia dell'intermediazione,
altro non è, in definitiva, che il costo sociale di una popolazione esuberante
e non specializzata; in più parte di una collettività a scarsa formazione di
capitale. Onde le occupazioni dette 'terziarie' son quasi d'obbligo ad evitare
sovvertimenti".
Non faremo anche noi lo scandalo sul
costo di distribuzione, scandalo che gli industriali amano gonfiare per
purgarsi dei peccati propri. Constatiamo che, fra i tanti costi che il
consumatore – e in particolare il consumatore proletario – paga per mantenere
in piedi la baracca di una società incapace – pur col gigantesco sviluppo delle
forze produttive – di nutrire i suoi amati "figli", c'è anche questo:
su ogni "bene di consumo" comprato, Pantalone paga un premio di assicurazione
a favore dell'ordine della proprietà e del capitale.
Ragione per cui non solo non "speriamo in miracoli": ma siamo
certi che i costi di distribuzione non diminuiranno. La società borghese ci fa
pagare questo ed altro, pur di mantenersi!
Nessun commento:
Posta un commento