Caro Programma Comunista,
reduce dalla laboriosa lettura del recente saggio del maresciallo
Giuseppe Stalin intitolato Problemi
economici del socialismo della U.R.S.S., che, sotto la direzione di Palmiro
Togliatti, la rivista Rinascita ci ha
tradotto dal russo, sento il bisogno imperioso, indovina di che?, di
ringraziarti per la affettuosa accoglienza che hai immancabilmente tributato,
sulla indimenticabile Battaglia Comunista,
e sul presente foglio che ne assicura la continuità programmatica, ai Fili del tempo. Qualcuno potrà stupirsi
dell'accostamento, ma solo se non avrà letto l'ultima fatica letteraria del
maresciallo. Fatto sta che Giuseppe Stalin, massimo teorico del Cominform, è,
per chi non se ne fosse mai accorto, un perfetto… filotempista. Già, un filotempista
proprio come noi, seppure, s'intende, per obiettivi e scopi diametralmente opposti
ai nostri, fatte le debite proporzioni tra il comandante in capo di eserciti e polizie
abnormi e noialtri miserelli…
La verità è che Stalin, nel suo saggio, si richiama ad ogni passaggio,
dal principio alla fine, ai testi, i "polverosi" testi, di quella che
qualcuno spiritosamente ama definire la "paleontologia" marxista.
Anche lui, guarda un po', dispone il contesto delle argomentazioni e il
materiale dei fatti su un "Filo del tempo", il "suo",
s'intende, quello che a lui e alla Direzione del P.C. russo è imposto dalla insopprimibile
esigenza di definire i caratteri e il contenuto della economia russa. Brani da
Marx, da Engels, da Lenin, citazioni delle fondamentali posizioni del marxismo,
invocazioni all'autorità dei classici, tu ne trovi, nello staliniano saggio, quante
ne vuoi. Lo scopo? Dimostrare che l' "oggi", tangibile in Russia e
governato dal Politburo, pardon, volevo dire, Presidium, traduce nella viva
materia storica le previsioni scientifiche del materialismo storico marxista,
cioè appunto l' "ieri" del movimento operaio rivoluzionario.
Noi sappiamo grazie alla martellante azione del "nostro"
filotempare, che neppure le armate atomiche e le onnipotenti polizie del Capo
del Cremlino dispongono del potere di risaldare il "filo" tra la
rivoluzione bolscevica d'Ottobre e l'odierno regime di "industrialismo di
Stato" che vige in Russia. A suprema ironia degli affossatori del marxismo,
arroccati sul vertice di formidabili apparati totalitari di potere, sta di
fatto che ogni tentativo in tale senso è destinato a naufragare finché esista
un solo proletario che sappia "leggere" i testi marxisti.
Chi ti scrive, ad esempio, pur non possedendo neppure il potere di
un caporale, leggendo l'augusta prosa del più potente dei marescialli viventi,
provava una paura ben diversa da quella inspirata normalmente dai potentati
della terra, perché, te lo dico francamente, era provocata dalla profonda
consapevolezza che, sincerità innanzi tutto, beh, le avrei bevute a garganella
le falsificazioni di Peppone, se non fossi stato imbottito, da quel fanatico
che sono, delle cose dette e ridette (alla faccia degli impazienti cercatori di
novità) nei nostri Fili del tempo. La
constatazione di essere scampato ad un pericolo mortale (politicamente
parlando) mi ha fatto molto più piacere che non quella che neppure le
argomentazioni di Stalin in persona riescono ormai a fare fesso me, che pure
sono una recluta del movimento operaio.
Immagina, caro Programma,
come ce la passeremmo (permetti che faccia un'ipotesi) se ora dovessimo
affrontare gli agit-prop del P.C.I., non parliamo neppure dei tronfi bonzetti
federali, rimpinzati delle proposizioni or ora stornate da Stalin. Che sarebbe
successo se avessimo dato retta a coloro che guardano al lavoro svolto nei "Fili"
e nelle riunioni di studio di Napoli, Firenze, Milano, soprattutto di quelle di
Napoli e di Roma, come ad una specie di passatempo letterario e infruttuoso
virtuosismo di archivisti? Sarebbe accaduto, è facile immaginare, che un'enorme
confusione si sarebbe creata nei nostri crani, tale che nessun genio
dell'azione della "politique d'abord" ce l'avrebbe levata. E a me pare
che un movimento quale il nostro può benissimo resistere e durare senza poter
mandare deputati alla Camera e segretari alle Leghe di mestiere, ma
difficilmente può evitare di sbandarsi e scomparire se la confusione teorica si
impadronisce di esso. E allora, dunque? Il lavoro di riordinamento teorico, intrapreso
con i Fili, per debellare l'infatuazione
attivista che minacciava di liquidarci, deve ritenersi solo opera di "studio",
elucubrazione solitaria di chiesuole di pensatori, siccome pretendono certuni?
Oppure, per toccare un altro tasto, possiamo dire di aver perso il nostro tempo
assimilando quanto detto, con instancabile pazienza, nel centinaio di Fili del tempo, pubblicati dal 1948 ad
oggi? Che abbiamo sopportato invano la fatica di lunghe sedute attorno a non
comodi tavoli di lavoro rileggendo collettivamente capitoli fondamentali del Capitale di Marx? Coloro che presuppongono
in se stessi, non si sa con quanta arbitrarietà, tempre di condottieri di abili
manovre o di scopritori di indissepolti tesori teorici si sono lagnati solo di
non potere tapparci la bocca. Ma ora vorrei vederli alla prese con la
formidabile scartoffia spedita da Mosca, se ci fossero riusciti… Che è, che non
è, sia di fatto che Peppe Stalin ha centrato la sua esposizione proprio, guarda
caso, sull'abile ed insidiosa falsificazione dei capisaldi teorici marxisti, di
cui assiduamente abbiamo letto nei Fili
e discusso nelle riunioni di lavoro. Segno che Stalin sa molto meglio di certi
rivoluzionari da strapazzo su quali denti batte la lingua… della critica
rivoluzionaria.
E con ciò, caro direttore, ho finito. Sicuro che mi ospiterai in
qualche pagina ti saluto caramente.
Il tifoso dei Fili del tempo
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